Ultimamente sta facendo molto clamore l’audio pubblicato da Fedez del suo incontro con lo psicologo dove esterna la paura di morire.
Personalmente non l’ho ascoltato e credo che non lo farò perché non fa parte della mia sensibilità, ma credo che questo fenomeno sia indicativo dei nostri tempi e che al di là dei giudizi superficiali e le tifoserie tipiche da stadio, possa rimandarci la luce abbagliante di ciò che succede nella nostra società.
L’attenzione alle fragilità è diventata fin troppo morbosa con l’avvento dei talk show che hanno spettacolarizzato sotto ogni forma la vita delle persone. In questo contesto la linea sottilissima tra intimo-pubblico-privato si è fatta sempre più sottile.
I programmi con un alto share sono quelli dove l’emotività viene non solo presa in esame ma viene portata all’esasperazione al limite dell’isteria collettiva. In questo contesto la ragionevolezza sembra qualcosa di lontanissimo e gli atteggiamenti legati alla riservatezza vengono guardati con sospetto o addirittura ignorati.
Eppure esiste un luogo dell’anima che un tempo sentiva la necessità di rimanere oscuro agli altri, quasi il desiderio di tenere nascosto un segreto per condividerlo con poche persone con le quali si stringeva un rapporto speciale.
In quel luogo intimo della nostra geografia interiore, c’era quasi un desiderio di unicità per custodire qualcosa di prezioso e delicato che si condivideva attraverso la scrittura di lettere e solo talvolta attraverso un dialogo diretto come in una vera e propria confessione.
Non è un caso che la nostra sia la società del rumore dove la comunicazione la fa da padrona nonostante l’alta probabilità di creare confusione e incomprensioni. In quest’epoca il silenzio non è contemplato né esteriormente né interiormente. È uno dei motivi per cui facciamo fatica a concentrarci, a prestare attenzione e a coltivare la parte più interiore di noi; per non parlare del fatto che tutto ciò porta all’aumento delle paure e della manipolazione.
Ma di cosa parliamo? Sicuramente non si parla dei nostri difetti perché le pagine social sono vetrine dove mettere in mostra l’abito migliore, il viaggio più bello, le persone divertite. Non si parla di temi di cui non si va fieri. E in alcune parti del nostro paese non si parla quando parlare sarebbe l’unico modo per combattere i fenomeni mafiosi. Ed è forse questo il motivo per cui oggi si può parlare di tutto e di niente condividendo immagini, pensieri e sentimenti.
In un’epoca così esplicita, le persone diventano banali, i problemi sociali e i diritti solo qualcosa per riempire le trasmissioni ridondanti ad appannaggio di pochi vip molto tronfi e autoreferenziali.
Non credo che ascolterò mai il podcast di Fedez e rispetto la sua esigenza di condividere anche questo dolore, del resto lo ha fatto per ogni suo momento della vita in una maniera ossessivamente coerente. Piuttosto faccio fatica a comprendere la pratica terapeutica e la violazione del sacro confine del setting, ma i tempi cambiano e tutto si adegua alle nuove esigenza.
Personalmente sento e difendo il diritto di preservare i luoghi intimi e misteriosi, anzi ne sono gelosissima ed esprimo un sentimento di affinità per tutti coloro che si sentono ancora reticenti nel mostrare parti di sé che non sono di nessun altro.

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Mettere la propria curiosità nelle vite altrui evita di far luce dentro di sé.
Condivido tutto ciò che hai scritto, con l’eccezione della comunicazione che personalmente ritengo vuota di contenuto e ricca solo numericamente.
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