“Spes ultima dea” dicevano i Romani antichi; la Speranza dona senso al domani. L’inedia spirituale è terribile ed è per questo motivo che oggi più che mai serve riattivare questo sentimento.
Speranza è uno di quei termini che si prestano alle significazioni più diverse e più ampie, a seconda delle implicazioni concettuali e delle risonanze affettive più o meno profonde che questa parola evoca nei diversi contesti in cui può venire usata.
Anche l’oggetto della speranza può essere collocato nei piani più diversi, da quelli assai concreti e pratici a quelli più trascendenti e spirituali, da quelli molto poveri a quelli molto ricchi di valore. Si tratta quindi di un tema squisitamente fenomenologico.
Paura e speranza si muovono entrambe verso uno scopo pur venendo da posizioni opposte.
L’una si nutre del passato, l’altra del futuro; l’una è diretta all’indietro e arresta l’attività, l’altra è spinta in avanti e stimola l’agire.
Pur essendo proiettata verso il futuro, anche la speranza parte da una natura ambivalente: da una parte c’è la paura per quello che non si può controllare e dall’altra la spinta verso la realizzazione.
Tellenbach e Dieter Janz sostengono che «la speranza non è legata ad esperienze costituite e catalogate, in base a cui si formano giudizi, bensì appare impegnata nella trama di una esperienza in formazione».
Chi spera scommette perché in cuor suo sa che prima o poi le cose girano nel verso giusto e ha la pazienza e la forza di aspettare.
Chi spera si affaccia all’esistenza con spirito avventuroso e con la curiosità di chi vuole ne vuole conoscere i diversi aspetti anche i meno battuti e misteriosi mettendo in discussione le proprie certezze senza fare resistenza.
Perché sperare è un appuntamento, un’attesa, un desiderio di vita.