Nei miti la conoscenza di sé e dei fondamenti valoriali

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Chi non conosce il mito di Narciso che troviamo nelle Metamorfosi di Ovidio?

Giovane di bellissimo aspetto, specchiandosi in una fonte, s’innamora follemente della sua immagine tanto da morire di dolore, nel momento in cui si accorge che non potrà mai possederla.
Una chiave di lettura del mito è il “rischio del fallimento”. Un sentimento di dolore, che istintivamente egli debella rifiutando di correre questo rischio: c’è il rifiuto della sofferenza, che esclude a priori la possibilità di avere un successo, per non rischiare il fallimento.

Narciso rifiuta il dolore di questo fallimento per non tradire se stesso. Ma non si rende conto che il se stesso è possibile solo attraverso gli occhi dell’altro.

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l tradimento per Narciso è la separazione dalla propria immagine: la psicologia ha visto in ciò il rifiuto di un confronto con altri volti, e quindi con gli altri, che hanno la capacità di mettere in discussione l’Io che si mette in relazione, distogliendolo dall’ amore per sé e focalizzando la sua affettività verso l’altro. Narciso rifiuta questo confronto, si ferma sulla sua individualità e si chiude all’alterità.

Ma cos’è la nostra identità se non definita ogni volta dall’incontro con l’altro?

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L’essere inquieto e timoroso è caratteristica di chi ama e si fa carico di valori come la solidarietà, il bene comune e il rispetto dei diritti che sono umani. L’inquietudine ci può far chiudere in noi stessi come Narciso che non desidera alcun confronto con una persona differente da se stesso. Narcisi dell’individualità cercano conforto nelle leggi atrofiche ed astratte, che tendono a disumanizzare i casi che giorno per giorno popolano la varietà della vita dalla disputa quotidiana di condominio fino agli estremi del carcere.

Ma l’inquietudine può farci aprire invece, come Antigone.

Figlia-sorella di Edipo, è la voce delle «non scritte leggi degli dei» ossia di quei valori umani assoluti che nessuna legge positiva, nessun relativismo etico, nessun mutamento storico possono violare.

In nome di quei princìpi, Antigone va al patibolo perché, disobbedendo alla legge che lo proibisce sotto pena di morte, dà sepoltura al fratello Polinice caduto combattendo contro la propria città e la propria patria, Tebe, e punito anche da morto dal sovrano di Tebe, Creonte, che ordina di lasciarlo insepolto, a marcire e ad essere divorato dalle bestie.

Per Antigone, quel decreto viola un valore umano – la pietas non solo familiare ma universalmente umana – più alto di ogni norma giuridica.

Purtroppo il dramma di Narciso è il dramma di chi oggi ha paura di perdere qualcosa. E’ il dramma di una società individualista che ha perso la connessione con il valore dell’umanità in ogni momento dell’esistenza.

Troppi rancori, troppa rabbia, troppa emotività e poca ragione ci rendono alla stregua di animali che reagiscono agli impulsi piuttosto che agire verso i valori della nostra umanità.

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Pubblicato da Dott.ssa Anna Perna

Formatrice ad approccio umanistico filosofico e Gestalt Counselor. Umanista convinta, mi occupo da oltre 15 anni di apprendimento continuo, di sviluppo della persona e delle comunità. Sono appassionata d'arte e di viaggi e per questo sempre in cammino.

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Logica, filosofia della scienza. Psicoanalisi clinico didattica.

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