Come già descritto nei precedenti articoli, viviamo un’epoca dove oltre alle opportunità che offre la tecnologia, emergono evidenti bisogni. Nuove solitudini e mancanza di una visione progettuale della vita per comprendere la propria vocazione, prendere decisioni e incontrarsi nella co-costruzione del sé.
In questo contesto la pratica di counseling può diventare un percorso che soddisfa ciascuno dei bisogni emergenti attraverso un ambiente che fa dell’accoglienza il suo punto fondante.
Un nuovo Umanesimo dove ci si incontra per co-creare una realtà che abbia uno scopo, dove ci si possa ri-conoscere attraverso la relazione con l’altro, dove poter diffondere una cultura della cura di sé e dell’altro, attraverso di sé e attraverso l’altro.

Vogliamo creare uno spazio dove poter parlare della realtà non solo come dato di fatto ma come possibilità da destrutturare e da assimilare come una mela da masticare solo nella sua parte sana.
Vogliamo un luogo dove poterci ‘svegliare’ attivando una consapevolezza diversa dove il limite è solo un ostacolo per imparare qualcosa in più su di noi con le persone che si impegnano con noi.
Vogliamo uno spazio dove poter parlare apertamente dei nostri fantasmi, perché condividendoli sappiamo che fanno meno paura.
Vogliamo uno spazio dove essere una moltitudine colorata di forme ciascuna con diritto di esserci e di costituire, insieme alle altre, un’unità che va al di là della somma delle singole parti.
Vogliamo uno spazio dove potersi fermare ad ascoltare queste parti che si muovono, l’una verso l’altra, che si cercano, che a volte si evitano, che entrano in conflitto creando disequilibri temporanei dai quali si può imparare.
Vogliamo un luogo dove viverci appieno, per rimanere nelle esperienze quotidiane invece che girarci intorno, cercando di psicologizzare tutto.
Vogliamo un luogo dove trovare il nostro modo di stare al mondo dandoci una direzione che sia a aperta alle infinite possibilità di essere, di stare, di divenire.
Vogliamo uno spazio dove poter fare pace con le nostre emozioni, conoscendole, accettandole e cambiandole se necessario.
Vogliamo un posto dove poter rischiare, dove poter osare un cambiamento perché la vita è movimento, una danza del contatto e del ritiro, dell’unione e della separazione, dell’approssimarsi e del distanziarsi, della vicinanza e della lontananza.
Perché dalle piccole alle grandi cose della vita esiste un ciclo che si apre e si chiude, si ritira e rinasce, che da potenza diventa intenzione, poi atto, forma.