Quando dio era femmina

“In nome del padre si inaugura il segno della croce.

 In nome della madre s’inaugura la vita”.

Erri De Luca

 

La nuova conversazione tra Artemisia e Cavaradossi  pseudonimi  utilizzati ne “La ballata dell’elefante” di Anna Perna

Se gli ‘elefanti’ siamo noi

Per avere il libro_La Feltrinelli

 

 

spirito-donna

Artemisia: Durante il Medioevo migliaia di donne innocenti vennero arse dal fuoco dell’Inquisizione nonostante l’adorazione dell’elemento femminile possieda radici molto antiche. La dea è trinità: Luna crescente, vergine, giovane fanciulla; Luna piena la madre, colei che dispensa la vita; Luna calante la vecchia, la menopausa, la saggezza, la morte. La trinità che ricorda il padre, il figlio e lo spirito santo…

 Cavaradossi: Certo è che la cristianità si sia nutrita dei simboli antichi a volte espropriandoli e molto più spesso cancellandoli o relegandoli a credenze blasfeme.

 Artemisia: Molti i simboli come il cerchio, la conchiglia, la spirale, il labirinto, l’acqua, il vaso e quindi il Graal, espressione del corpo della Madre che contiene la vita, poi trasformato nella coppa che raccoglie il sangue di Cristo…

Cavaradossi: Sacro era il sangue mestruale, legato alla simbologia lunare dei 28 giorni, infatti, nel paleolitico i defunti venivano colorati d’ocra rossa, a simboleggiarne la rinascita.

Artemisia: Il tema della sacralità del sangue è ripresa anche dal ebraismo  e dal cristianesimo: “non nutritevi e non versate sangue perché in esso è la vita”. E allora io mi domando come possa essere successo che in nome di Dio, se ne sia versato tanto?

 Cavaradossi: L’uomo non è Dio e il libero arbitrio di cui è fatta la nostra essenza è in realtà un grande atto d’amore.

Artemisia: Non credo che la tua risposta possa bastare per tutto l’orrore che nei secoli è stato versato e continua ancora… in ogni caso il mito biblico dell’albero della vita era in per gli dei greci il regalo di nozze per Era.

 Cavaradossi: Infatti, alla prima coppia, Adamo ed Eva, viene presentato l’albero, come fosse un regalo di nozze.

Artemisia: Eva è colei che coglie il pomo. E se i frutti fossero stati creati per lei?

 Cavaradossi: Vorrebbe dire che Dio creò prima la donna…

Artemisia:  Il frutto, che come sostiene Freud è il simbolo del corpo stesso della donna, è anche quello che porterà nel ventre, nella sua veste di dea della fertilità. Eva è colei che colloquia col serpente e coglie il frutto proibito, come nel mito delle Esperidi, dove non c’è traccia di nessuna divinità maschile, e le dee sono sole nel giardino con il “loro serpente” Ladone.

Cavaradossi: Certo è che il femminile nel suo simbolismo archetipico è comunque fonte di vita. E il serpente un elemento strettamente connesso alla vita.

Artemisia:  Infatti la dea sumerica Inanna che abitava nel suo giardino venne allontanata dal serpente che aveva nidificato dentro l’albero impedendole di avvicinarsi. E tutte le elaborazioni dei commentatori rabbinici, permeate di forti tendenze misogine, non riescono a mascherare la centralità della nostra madre primigenia in questa scena del mito biblico. Che è il corrispondente ebraico del culto arcaico della Grande Madre.

Cavaradossi: E quindi, tu suggerisci che fu una forzatura misogena a connotare Eva come generatrice del peccato.

Artemisia:  In realtà poco importa. Ciò che mi sorprende è tutto il colloquio con il serpente, che allude a un mondo creato dalla Madre Terra in cui questa è la protagonista, libera di scegliere, fonte e oggetto di tutte le pulsioni erotiche, da cui nasce la vita. Tutto allude a questa prima interpretazione poi sostituita dalla versione iahvistica di un dio padre.

Cavaradossi: E’ una ipotesi affascinante ma non ti sembra riduttiva?

Artemisia: Riduttivo è credere senza porsi domande, senza collegare le situazioni e gli eventi. Riduttivo è ciò che pretende la religione quando chiede di velarsi gli occhi e donarsi alla fede ceca. Io non sono così. Mi appassiona conoscere e ricercare il senso dell’esistere. Pensa che in una delle mie ricerche ho incontrato la figura di Ashera, adorata anticamente dagli ebrei.  Era la “Creatrice degli Dei” ed era rappresentata come una prostituta nuda, chiamata “Santità”. Ciò che voglio dire è che la spinta alla ricerca di una spiritualità è insita nell’essere umano e che a seconda dell’interpretazione che nei secoli è stata data alla figura di Dio, l’uomo si è in qualche modo lavato la coscienza per le sue azioni in nome di qualcosa di superiore. Il punto ritorna quello di prima. Possiamo credere o non credere in un Dio, come figura maschile o femminile, come entità cosmica, come forza creatrice. Il problema rimane la libertà delle nostre azioni e le conseguenze su noi e tutto ciò che ci circonda.

 

Il dialogo è stato ispirato dall’articolo “La dea madre – dio era femmina!” _ http://www.nuovaricerca.org/dea1.htm

Pubblicato da Dott.ssa Anna Perna

Formatrice ad approccio umanistico filosofico e Gestalt Counselor. Umanista convinta, mi occupo da oltre 15 anni di apprendimento continuo, di sviluppo della persona e delle comunità. Sono appassionata d'arte e di viaggi e per questo sempre in cammino.

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Ontologia, psicoanalisi, logica. Personale docente Università degli studi di Verona

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