La figura del mediatore e le competenze relazionali
Tratto da “Mediazione civile e tributaria a confronto” a cura di Anna Perna, Massimiliano Ferrari e Zaira Pagliara ed. ADMAIORA, Roma 2016. Vedi cap. Cap. VIII “Competenze relazionali del mediatore”, pag 331-394
Superare impasses relazionali significa considerare le “ferite” che avvertitamente o, molto spesso, inavvertitamente provochiamo alla relazione. Infatti, sarebbe opportuno pensare a modi diversi comunicare, stabilendo, cioè, nuovi confini e trovando nuovi accordi. La cosa più ovvia, ma al contempo più difficile in assoluto, è riuscire a stabilire una comunicazione autentica che permetta di parlare delle proprie aspettative, dei propri bisogni ed emozioni. In fondo, parlare dei propri sentimenti, significa portare allo scoperto la conflittualità interiore, mentre si potrebbe trovare il modo di fronteggiarla in maniera più funzionale, attraverso una migliore comprensione reciproca.
La familiarità con questo modo di entrare in relazione con se stessi e con gli altri permette di aver una grande chiarezza su ciò che sentiamo e sull’origine di questo nostro sentire; ci aiuta a preferire quotidianamente l’osservazione alla valutazione ed ai giudizi, ci permette di riconoscere e poi di esprimere i nostri bisogni con precisione ed in modo molto concreto ed assertivo, il che aumenta notevolmente le possibilità di vederli soddisfatti. Questo processo di comunicazione, collegandoci con i bisogni, i desideri e le sensazioni, ci mette in legame con la vita che è in noi e negli altri. Sembrerebbe tutto scontato ma non lo è.
In realtà, nella vita quotidiana, tante volte siamo scollegati da ciò che è vivo in noi o negli altri e le nostre parole innalzano muri tra noi e le persone. A volte pensiamo e comunichiamo nei termini di che cos’è che non va negli altri, quando si comportano in un certo modo, oppure, cos’è che non va in noi stessi, quando non comprendiamo o non reagiamo come ci piacerebbe. Questo modo di pensare e di comunicare distrugge il piacere naturale che noi esseri umani abbiamo di comunicare in modo autentico e trasparente. Ogni volta che, inoltre, utilizziamo un linguaggio che fa leva su simili strategie, noi vediamo allontanarsi la possibilità di vedere soddisfatti i nostri bisogni ed i nostri valori, poiché in quel momento perdiamo di vista la relazione, mettendo in primo piano le strategie per influenzare gli altri a cambiare comportamento.
PUNIZIONE
Una di queste strategie, che spesso utilizziamo, è la punizione. Quando usiamo la punizione possiamo dire ad un’altra persona: “Se non cambierai il tuo comportamento ti punirò!” In realtà la punizione non funziona mai, se ci rendiamo conto di qual è il suo costo; la punizione distrugge qualche cosa di molto prezioso tra gli esseri umani: distrugge la possibilità degli uomini di accordarsi, del venirsi in contro. In questo modo le persone che sperimentano la punizione provano meno il piacere nel concedere e concedersi.
PREMIO
Altre volte vediamo usare il premio per ricompensare la persona se ha intenzione, se desidera, cambiare il suo comportamento. La ricompensa, come la punizione, distrugge la cooperazione. Infatti, quando le persone sono motivate da un premio, in realtà non collaborano, ma si sottomettono in un atteggiamento remissivo, che può portare a comportamenti di chiusura.
SENSO DI COLPA
Un’altra tragica tattica per far cambiare il comportamento alle persone consiste nel far leva sul senso di colpa. Possiamo provare a far sentire l’altro in colpa per quello che ha fatto ed anche questo è un mezzo estremamente “costoso” per far cambiare una persona.
Cerchiamo di ingannare l’altro, facendogli credere che è responsabile di avere fatto delle cose che ci fanno stare male. Ad esempio: “mi fai veramente male quando ti comporti in questo modo” oppure ” mi fai arrabbiare quando fai così“. Naturalmente sappiamo che questo non è vero. Questo tipo di manipolazione si manifesta spesso attraverso un atteggiamento aggressivo/passivo, che non considera i reali bisogni.
VERGOGNA
Un’altra tecnica distruttiva è far leva sulla vergogna. Per esempio diremo all’altro: “sei egoista quando ti comporti così” oppure “sei irresponsabile” oppure “sei prepotente“. Come per il senso di colpa, anche la dinamica della vergogna porta a conseguenze insoddisfacenti. Essa struttura una dinamica relazionale che non si centra sulla simmetria, anzi, pone una delle parti in una posizione up-down rispetto alla controparte. In questo caso, chi gioca la leva della vergogna si pone come giudice rispetto ad un ipotetico imputato. Nel momento esatto in cui ci mettiamo in questa posizione, utilizziamo la leva del giudizio, per decretare ciò che bene e ciò che è male. E’ chiaro, però, che in una relazione tra adulti, questo atteggiamento produrrà ulteriori resistenze.
SENSO DEL DOVERE
Infine, possiamo cercare di far fare le cose alle persone per dovere o per obbligo. Anche in questo caso, la dinamica relazionale che andremo a stimolare è caratterizzata da una relazione asimmetrica.
Ogni cambiamento che otterremo da noi stessi o dagli altri attraverso la punizione, il premio, il senso di colpa o di vergogna, il senso del dovere, lo pagheremo, perché tutte queste modalità alimentano atteggiamenti resistenti alla relazione.
VERSO UNA COMUNICAZIONE ASSERTIVA
Una comunicazione assertiva, cerca di influenzare in un modo diverso. La chiarezza e la determinazione nel dichiarare gli intenti, la consapevolezza rispetto alle reciproche responsabilità, l’atteggiamento volto alla costruzione di un processo comunicativo, stimola la motivazione e predispone alla relazione. Ognuno di noi ha provato questo piacere ogni volta che abbiamo fatto qualcosa per gli altri, non perché vi eravamo costretti, non per ottenere un premio, non per evitare vergogna o senso di colpa, ma per quello che riteniamo sia un modo naturale di dare l’uno all’altro, perché non c’è niente di più soddisfacente che trovare sostegno e collaborazione nel raggiungimento di uno scopo.
Una comunicazione più assertiva ed autentica ci invita a rivelare onestamente quali sono le nostre aspettative ed i nostri bisogni, senza usare parole che implichino che c’è qualche cosa di sbagliato nell’altra persona. Per fare questo abbiamo bisogno di basare le nostre ipotesi su dati oggettivi, senza mescolare l’osservazione dei fatti con la nostra interpretazione o la nostra critica, partendo dalla consapevolezza di noi stessi e dalle richieste che possono essere soddisfatte concretamente. Si tratta, quindi, di ampliare la nostra consapevolezza, senza introdurre alcun giudizio o valutazione, ma esprimere semplicemente quello che altre persone fanno o dicono che a noi piace o non piace. Affermiamo poi in che modo ci sentiamo quando osserviamo questo comportamento o quando ascoltiamo queste parole: mi sento spaventato, divertito, disgustato, irritato, arrabbiato, frustrato, triste, pieno di gioia, ecc.. La cosa più importante di cui essere consapevoli è quali sono i nostri bisogni. Questo è il nostro modo più diretto per rimanere in contatto con la vita. Impariamo a collegarci con i nostri bisogni e successivamente vedremo come collegarci con i bisogni dell’altro.
IL VALORE DELL’INTERDIPENDENZA
Inoltre, nell’ottica di una relazione di interdipendenza, chiariamo che cosa desideriamo che l’altro faccia per contribuire a soddisfare il nostro bisogno. Infatti, per ottenere un soddisfacimento dei nostri bisogni spesso abbiamo bisogno che gli altri collaborino, ma è anche importante tenere il bisogno separato dalla strategia che noi utilizziamo per soddisfarlo. Se manteniamo la nostra attenzione centrata su queste aree ed aiutiamo gli altri a fare la stessa cosa, stabiliamo un flusso di comunicazione, in entrambe le direzioni, fino al punto in cui ci incontriamo come esseri umani, rivelando la nostra naturale compassione ed empatia. Questo tipo di comunicazione è un processo di continuo ascolto di ciò che gli altri osservano, sentono, hanno bisogno e richiedono, anche quando sono nascosti dietro ad una comunicazione alienata, fatta di critiche, giudizi di valore, pretese, dovere. Ci aiuta ad essere consapevoli delle nostre dinamiche interne e di ciò che facciamo nella relazione con il nostro interlocutore.
Riteniamo che sia a partire dalla nostra consapevolezza, dalla forza e dal coraggio di oltrepassare i nostri limiti che si possono migliorare quelle caratteristiche tipiche del nostro carattere e magari comprendere in modo più approfondito il comportamento delle persone con le quali ci relazioniamo.
Partire da un’autoanalisi, guardarsi in modo onesto e costruttivo, far attenzione a come si comunica, costituiscono la base per imparare a gestire le relazioni con le persone, in tutti i contesti, ad iniziare dalla sfera più intima e personale, fino a quella pubblica e professionale.
ciao grazie per aver pubblicato parte del libro…a presto….
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Sì, è una parte di un discorso più ampio che invito ad approfondire leggendo il libro!
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