L’ invio

Esiste un aspetto deontologico del Counseling sempre poco promosso e conosciuto. Mi riferisco all’invio. 

Esistono alcune caratteristiche che consentono al counselor di valutare la presa in carico della persona:  un ‘Io’ strutturato e integrato con gli obiettivi che si vogliono raggiungere anche se non sono del tutto chiari, perché una parte del percorso sta proprio nel raggiungere quella chiarezza. Una buona motivazione al cambiamento e un basso livello di resistenza, che favorisce i passaggi necessari per avanzare negli incontri. Inoltre è importante che la persona presenti una buona capacità autoriflessiva e uno stile di coping autocentrato e in sintonia con la richiesta.

In alcuni ambiti, come in quello sanitario, il counselor può partecipare in una “interdisciplinary care-team” composta da medici, psicologi o psichiatri, infermieri, fisioterapisti e appunto counselor con lo scopo di soddisfare le esigenze del cliente-paziente, migliorando la qualità del servizio offerto, garantendo il rispetto della professionalità di ogni membro del gruppo di lavoro.

Nelle organizzazioni si collabora molto con esperti di organizzazione aziendale, con coach o HR manager.

Per inviare è necessaria una certa esperienza che consenta di riconoscere quelle situazioni in cui ci si deve fermare. Ma ci vuole esperienza anche per comunicare la cosa al cliente che magari si fida di noi, ha paura di affrontare un percorso di diversa natura e rischierebbe di perdersi.

Questo significa che da una parte bisogna rassicurare la persona perché si sa quello che si sta facendo e dall’altra è necessario intessere una rete di relazioni professionali con figure di fiducia che si occupano di tematiche che noi non possiamo trattare.

Personalmente nella mia esperienza di Counselor ho fatto tantissimi invii e non sempre perché non potessi prendere in carico la questione posta dalla persona. E credo che questo sia l’aspetto più sano e generoso che si possa compiere ma anche quello meno affrontato nelle scuole di specializzazione.

Certo ho fatto invii a professionisti perché la richiesta non aveva le caratteristiche sopra descritte e ho fatto invii anche ad altri colleghi counselor perché non mi sentivo in sintonia o con la persona o con il tema da affrontare. Per fare questo ho dovuto ascoltarmi molto e misurarmi con i miei limiti e i miei confini affinché la mia professionalità e la mia persona potessero rimanere integre.

Ci sono infatti zone che sono fragilità inesplorate e che o non abbiamo ancora affrontato o che non vogliamo affrontare. Mi rendo conto di essere in grado di seguire alcuni temi, anche solo in parte ma se sento di non riuscire a prendere in carico la sofferenza della persona, allora faccio un passo indietro e invio volentieri a qualcun altro che stimo.

Come dicevo è un grosso lavoro di ascolto e consapevolezza. Se avessi voluto fare la psicologa avrei scelto di studiare Psicologia. Ma la Formazione e la dimensione creativa di un percorso di Counseling è più in armonia con la mia personalità.

Conosco le mie ombre e i miei limiti. Conosco le mie preferenze e cosa mi fa stare bene e come la mia arte può essere d’aiuto alle persone. Accolgo volentieri anche le sfide che mi portano su terreni instabili e sconnessi ma sempre mantenendo il centro ben radicato.

Dancing Dark_Pina Baush

Intessere una rete di professionisti è un aspetto molto affascinante. Implica non solo la conoscenza delle persone e della loro professionalità ma significa sperimentare il feeling e la stima. Personalmente non invierei mai un mio cliente ad una persona che non conosco o che non stimo o solo perché ha titoli e riconoscimenti accademici.

È come un corpo di ballo che si muove in sintonia, dove ogni componente è padrone del proprio movimento, del proprio corpo e dello spazio di confine. Dove esiste un unico scopo ed è il benessere della persona.

Inoltre mi sprona a studiare, ad approfondire con curiosità anche metodologie e discipline che non hanno a che fare con me ma con tutto il mondo che appartiene alla sfera dell’animo umano. Ho inviato non solo a psicoterapeuti ma anche a psichiatri, a medici, a nutrizionisti. Una volta ho inviato anche ad un prete.

La necessità di scrivere queste righe è nata dal desiderio di condividere questa mia esperienza e condividere una frase che mi disse una volta una mia cara amica che ora non c’è più: “Alla fine non possiamo accompagnare qualcuno più in là di dove siamo arrivati noi!” Le sue parole mi risuonano sempre molto presenti con la stessa intonazione, la stessa determinazione e quella erre che si infrange come la risacca di un’onda. Un mantra che accompagna le mie scelte, personali e professionali.

Se lo ritieni utile puoi condividere l’articolo. Se vuoi approfondire o hai bisogno di un confronto o vuoi iniziare un percorso scrivimiGrazie per l’attenzione!

Pubblicato da Dott.ssa Anna Perna

Formatrice ad approccio umanistico filosofico e Gestalt Counselor. Umanista convinta, mi occupo da oltre 15 anni di apprendimento continuo, di sviluppo della persona e delle comunità. Sono appassionata d'arte e di viaggi e per questo sempre in cammino.

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