James Hillman scrive nel libro “Un terribile amore per la guerra“, che se non entriamo dentro questo amore non riusciremo mai a prevenirla né a parlare in modo sensato di pace e di disarmo.
Eraclito diceva “Polemos di tutte le cose è padre” e la guerra è una componente primordiale dell’essere che genera la struttura stessa dell’esistenza e del nostro pensiero su di essa. Ne ne hanno parlato Aristotele con la sua logica degli opposti e Darwin con la sua selezione naturale. Lasciare lo studio della guerra agli organismi governativi significa trasformare parole come ammazzare in eliminare, massacri in danni collaterali, caos della battaglia in scenari tattici, significa chiamare le armi giocattoli e le bombe. intelligenti.

La guerra è stata fin ora studiata dal punto di vista empirico. Poiché ogni sua ragione soggiacente sul perché esista e su che cosa anzitutto sia, distrarrebbe dal compito immane di. Nessun teorico, nessun capo militare si lascerebbe distrarre dalle sofisticherie filosofiche.
Hilman sceglie l’indagine della psicologia archetipica per indagare la filosofia e la teologia della psiche profonda della guerra sollecitando una qualità che solo l’uomo possiede e che può trovare altre soluzioni: l’ immaginazione.
Nel primo capitolo prova a darne una spiegazione sostenendo che la sua esistenza è legata all’accettazione della “normalità” attraverso un uso quotidiano. Si pensi ad esempio a proposizioni come “guerra dell’informazione” piuttosto che “guerra commerciale”. Questa normalizzazione ci fa dimenticare le orribili immagini ad essa associate.
M’ha la guerra è normale perché è nella natura umana o perché è essenziale per le società?
Le guerre hanno inizio nella meschinità dei nostri fin troppo umani desideri materiali. È lo stesso Platone che ci ricorda come le guerre si originano per la brama di ricchezza materiali. E ancora Kant e Hobbes sostengono come esse dipendano dalla natura umana, non richiedono alcuna motivazione, ma “appare radicata nella natura umana ed addirittura considerato qualcosa di nobile.”(Kant, Perpetual Pace)
Che sia considerata una pulsione umana ho un bisogno della società, in ogni caso si rende necessario l’immagine di un nemico. Che l’obiettivo sia una preda, una vittima sacrificale, uno spirito maligno o un oggetto del desiderio, e l’idea di nemico a mobilitare l’energia.
La figura del nemico alimenta le passioni della paura, dell’odio, della collera, del desiderio di vendetta, della furia distruttiva o della concupiscenza, fornendo quel sovrappiù di energia compressa che rende possibile il campo di battaglia.
Se è vero che la guerra si appoggia sulle rimozioni, sulle pulsioni aggressive dell’individuo, sul piacere di aggredire e distruggere è anche vero che anche le truppe meglio addestrate rivelano in un qualche modo una forte resistenza in comincia ad uccidere.
La guerra la può fare soltanto una polis infatti l’unica fonte della guerra è la politica poiché gli impulsi aggressivi e di conquista vengono sollecitati unicamente da un nemico da combattere. E lo Stato diventa l’unico garante dell’autoconservazione.
Ma ancora una volta ciò che fa la differenza è la forza propulsiva dell’immaginazione poiché non è detto che il nemico esista davvero. I fantasmi immaginati vengono condizionati dai media, dalla scuola e dalla religione, vengono alimentati con la propaganda aggressiva dei regimi.

Purtroppo il gioco della guerra è un gioco perpetuo poiché è un nemico morto lascia un vuoto esistenziale; non c’è più nessuno da combattere e anche il vincitore non ha più una ragione d’essere. Quando la guerra contro la Germania nazista stava per concludersi, il generale Patton cominciò a deprimersi ma trovò presto un nuovo nemico nella Russia comunista.
Se così è, allora significa che qualsiasi essere umano privo di uno scopo in armonia con le altre persone di questa terra, sentirà la necessità di rivoltare la propria energia vitale verso qualsiasi nemico.
Riflessione
- Chi sono i nostri nemici?
- Quali forze ci fanno sentire vivi?
- Cosa alimenta le nostre invidie e gelosie?
- Per cosa ci attiviamo energicamente
- A cosa abbiamo fatto l’abitudine ma non lo è?
La capacità dell’essere umano di adattarsi alle situazioni e considerarle abituali è davvero infinita.
Ma se alla lunga si rivelasse uno dei suoi difetti più insensati? Che differenza c’è tra normalizzazione e negazione, ignoranza, ottundimento psichico?
Il fatto di tollerare tutto non porta forse a condonare tutto?
Il lato peggiore della guerra è che si conclude nella pace che diventa l’inizio dell’oblio se identificata con “assenza di”, “libertà da”. In questo caso la pace diventa rimozione, negazione, vuoto.
Se vogliamo costruire la pace dobbiamo ritornare alle sue immagini archetipiche come le antiche raffigurazioni della dea Pax raffigurata con in mano una cornucopia colma di frutti, in segno di abbondanza; o raffigurata con il bastone con i due serpenti intrecciati, simbolo terapeutico.
La pace è una costruzione interiore continua che parte da ciascuno di noi e che deve trovare al nostro interno una solidità tale da non voler più desiderare alcuna guerra.
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