La forma artistica non è solo un modo di esprimersi ma anche un modo di essere, di approcciarsi al mondo e di lasciare una traccia di sè. Di questo si è parlato all’incontro con Cesar Brie di venerdì scorso.
Ho sempre sostenuto che l’arte tutta abbellisca l’animo e credo che per chi sente questa vena, debba fare di tutto per possederla. È come un ossessione o meglio una spinta di cui non si può fare a meno proprio come uno sportivo non può fare a meno di muoversi.
Personalmente ho sempre sentito dentro una forte affinità con il linguaggio poetico che è fatto di immagini. E probabilmente sono arrivata a scrivere per il teatro perchè come sosteneva il grande filosofo Benedetto Croce citato dall’altrettanto grande De André, “fino a 18 anni tutti scrivono poesie, poi quelli che continuano a farlo o sono poeti o sono cretini.” E per non rischiare, mi definisco una persona creativa che usa l’intuito per tessere trame e intrecciare immagini.
So anche che la natura dell’ artista è molto fragile e che la critica può ferire profondamente. Diversamente dagli sportivi. Forse perchè quell’estro ci fa sentire un po’ speciali quando profondamente stiamo ancora cercando un riconoscimento dall’esterno che dovremmo, invece, trovare in noi stessi.
Ma la critica fa crescere, naturlmente quando è costruttiva. E per ascoltarla e assimilarla bisogna averci lo stomaco.
Adesso che sto pubblicando per la prima volta con una nota casa editrice, mi sto confrontando proprio con questa opportunità. Seguo i loro consigli come modo per migliorare e mi sento molto più ricca. Anche se all’inizio non è stato facile quando mi hanno detto che l’idea era buona ma andava rivisitato praticamente tutto dall’inizio alla fine!
Altra cosa che nella mia esperienza è stata fondamentale: incontrare qualcuno che mi ha incoraggiato. Il primo libro che ho pubblicato e che vedete in copertina, era solo un diario di immagini poetiche. Poi il Doc mi disse:“Pecceto tenerle per te. Non credi che le tue parole possano essere la voce di chi non riesce ad esprimersi?” Così mi convinsi a pubblicare. E da lì non ho mai più smesso di scrivere e di creare. Non per guadagnare, non è un mestiere, ma una mia esigenza esistenziale.
Ancora importante è non farsi intrappolare dalla vocina subdola che spesso si insinua dicendo:”Questo è banale oppure si è già visto o ancora meglio non è abbastanza” È la voce di un giudice interiore che ci frena e che ci frega!
Sapete che vi dico? Chi se ne frega dell’originalità! Chi se ne frega di essere grandi artisti. Io mi voglio esprimere e non permetto a nessuno di insinuare alcun dubbio. Quelle persone le allontano.
Vi dico che ci si guadagna di più nel ricercare la propria unicità puttosto che confrontarsi continuamente con gli altri!
Infine, voglio parlare del falso mito dell’artista che crea in solitudine. Ogni opera che sia libro, spettacolo, musica, dipinto, non è mai un fatto individuale ma una tessitura sociale complessa, fatta di scambi, di prestiti e riusi. È un passaggio importante perchè l’ego del singolo si deve incontrare con quello dell’altro e fare una capovolta verso quel “Noi” senza il quale non c’è creazione.
Perciò incoraggio tutti quelli come me a prendere coraggio e buttarsi, ad andare in profondità fino a sentirsi completamente se stessi nel realizzare qualcosa che prima era sono nella testa.