“Mettiamo a posto le parole, non è una fobia, è un’angoscia, che è una cosa ben precisa: la gente di solito parla di paura, ma la paura ha sempre un oggetto determinato. E quindi è un ottimo meccanismo di difesa per riuscire a salvarsi da quel pericolo: quando attraversiamo la strada guardiamo a destra e sinistra perché abbiamo paura di essere presi sotto dalle automobili; quando vediamo un incendio scappiamo perché ne abbiamo paura”.

Tutti i momenti difficili dell’esistenza sono un’opportunità per scoprire il nostro Potenziale. La chiara spiegazione del Prof. Galimberti ci fa capire che la paura è necessaria e che il sentimento legato all’ ignoto ha un’altra natura.
La non conoscenza delle cause di questo virus, il fatto che non abbia un oggetto determinato, non si sappia da dove venga, crea uno stato di fibrillazione perenne.
Come dice Heidegger, “non c’è nulla a cui agganciarsi” e allora si assumono atteggiamenti scomposti, pratiche e pensieri sbagliati.
Separata da ogni pericolo immediato, vero e concreto, l’angoscia si presenta sotto varie forme: disagio, preoccupazione, ansia, nervosismo, tensione, terrore, fobia, eccetera.
Massimo Recalcati spiega «I legami si frantumano e noi ci sentiamo inermi, soli, in una condizione di impotenza e abbandono assoluto. Il panico disgrega la massa. Infatti, se la massa genera di solito un fenomeno di appartenenza e il contatto dei corpi provoca una sensazione positiva di accomunamento, col panico si sbriciola tutto questo e il contatto con il corpo dell’altro evoca un fantasma di contaminazione».
Sarò contagiato? Sarò io l’untore? Quanto durerà? E dopo?
« In ognuno di noi – continua Recalcati – sta riemergendo un’angoscia atavica: l’angoscia di essere toccati dall’ignoto. La paura dello sconosciuto è, infatti, un’angoscia atavica dell’umano … L’uomo tende a erigere i propri muri per difendersi e, quando i confini sono minacciati, avviene un ulteriore irrigidimento.»
Quindi, cosa possiamo fare?
“Nulla contribuisce alla tranquillità mentale quanto un fermo proposito – un punto sul quale l’anima può fissare il suo occhio intellettivo”
(Mary Wollstonecraft, filosofa e fondatrice del femminismo liberale)
Credo che nell’immediato sia importante occupare il proprio tempo prima di preoccuparsi.
Come? La ricerca di informazioni il più possibile attendibili e riprendere il contatto con ciò che accade nel Qui e Ora della vita quotidiana è sicuramente importante. La visione fenomenologica ci riporta alla dimensione della realtà concreta e non alle immagini della mente.
Ma non basta ancora.
Siamo stati abituati a ricercare il senso della nostra esistenza attaccandoci alle cose materiali. Nessuno ci ha insegnato, e noi non lo abbiamo interiorizzato, che la vita è incerta. Ed è a questa incertezza e precarietà a cui non siamo abituati perché siamo assistiti sempre di più dalla tecnica e dalle tecnologie.
Rifuggiamo come la “peste” l’idea della morte che a tutti gli effetti fa parte dell’esistenza con l’illusione che la tecnologia ci possa dare i ‘superpoteri’.
Forse è arrivato il momento di prendersi cura della nostra interiorità, da cui solitamente scappiamo come se fosse il nostro peggior nemico.
Possiamo finalmente leggere qualche libro che ci fa star bene (io trovo sollievo nella poesia, nei romanzi e nella filosofia), ascoltiamo musica o guardiamoci un bel film.
Parliamo con i nostri bambini e le persone che amiamo e con le quali non parliamo quasi mai se non per comunicazioni di servizio.
Penso che sia davvero arrivato il momento di fare pratiche di umanesimo vissuto trasformando la costrizione in un momento costruttivo.
Una opinione su "Paura, angoscia o opportunità?"