Lo fanno tutti/ Se lo dicono in tanti allora sarà vero/ Lo dice l’autorità/ Vivi e lascia vivere/ Si è sempre fatto così …
Il conformista è colui/lei che ha bisogno del consenso della maggioranza del gruppo e sente un forte bisogno di appartenere ad una comunità, perché la solitudine proprio non se la può permettere e neppure una sua opinione.
Anzi, più la comunità è allargata e meglio è. Più “like” possiede sulla sua pagina e meglio è.
Solitamente è colui/lei che obbedisce agli ordini, che ha paura dell’autorità e di essere allontanato dai pari, dai “fratelli del popolo”, dalla maggioranza che tiene tutto sotto controllo.
Controllo e ordine. Ecco a cosa serve il conformismo!
Ma chi è il conformista oggi? Come si comporta e quali riscontri sociali ottiene?
La teoria dell’equilibrio sociale («structural balance»), formulata dallo psicologo Fritz Heider negli Anni 50, sostiene che le relazioni meno stressanti sono le seguenti: «L’amico del mio amico è mio amico», «il nemico del mio amico è mio nemico», così come «l’amico del mio nemico è mio nemico» e «il nemico del mio nemico è mio amico».
Su Internet è facile trovare comunità di centinaia di migliaia di individui che interagiscono tra loro in vario modo. Se le più note delle reti sociali (Facebook&C.) hanno il tasto «I like», ma sono prive della funzione opposta («Don’t like»), alcuni network meno noti come Epinions e Slashdot lasciano ai loro frequentatori la possibilità di esprimere anche giudizi negativi sui membri della comunità.
La Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste ha analizzato queste reti. Il risultato emerso è che i cicli negativi sono largamente evitati e le comunità sociali hanno un «bilanciamento» che passa anche il test statistico più stringente. In particolare, il numero di individui che sono «taggati» come amici da una moltitudine di altri individui, così come il numero di individui che sono taggati come «nemici» dalla maggioranza, è molto alto.
Da un punto di vista sociologico questi risultati sollevano una domanda interessante: i giudizi espressi sono il frutto di scelte completamente libere oppure sono influenzati dall’«opinione comune», da chi prima di noi ha espresso un giudizio oppure da chi consideriamo «autorevole»?
Inoltre, il conformista 4.0 che fa esperienza frequentando principalmente i social allontanando l’esperienza diretta, quanto riesce ad coltivare quell’empatia che serve per comprendere il punto di vista dell’altro e sentire i suoi sentimenti?
Sono tanti i fattori che rendono conformista un individuo, e io sono concorde con quanto afferma Adam Smith nella sua Teoria dei sentimenti morali quando dice che la capacità di provare pietà e compassione
implica uno sforzo consapevole,
attraverso la funzione dell’immaginazione, uno strumento che rende capace anche “il più grande furfante” di mettersi nei panni di una persona in difficoltà e di identificarsi con le sue sofferenze ma che può essere distorto dalla paura, da idee sciovinistiche, da paraocchi ideologici che possono trasformare rapidamente i sentimenti morali in immorali.
Come accade tutti i giorni sulla rete.