“Mi dispiace, quando un uomo vecchio muore c’è sempre un certo dolore”. Tuttavia “l’unica consolazione per la sua eventuale dipartita è che finalmente non vedremo più in televisione Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni, almeno quanto suo fratello Zingaretti, segretario del Partito democratico, il peggiore del mondo”.
Sono le parole che il Direttore di “Libero” Vittorio Feltri scrive sul suo giornale.
Che in uno Stato di diritto ci debba essere libertà di parola e di stampa non è in discussione.
Ma come sia possibile che professionisti del linguaggio si esprimano come scaricatori di porto, per me è davvero incomprensibile.
Se fare il giornalista iscritto all’Ordine significa potersi liberare da qualsiasi turbolenza che si muove nei profondi intestini, allora possiamo abolirli tutti questi Ordini, tanto nessuno fa più caso a quanto di deontologico possa esserci nel comportamento.
È una deriva che parte dalla classe dirigente e si propaga con dilagante pervasività in ogni poro della società.
E immagino pure che ci sia qualcuno che possa storcere il naso, magari insultandomi come del resto sta diventando usuale ogni qualvolta si cerchi di usare la ragione prima del basso ventre.
È successo a Michela Murgia che avendo espresso la sua opinione in merito alla questione dell’accoglienza ai migranti – che condivido e sostengo – è stata assalita con frasi difficilmente ripetibili quali sono quelle intimidatorie ricevute dalla scrittrice.
Ormai la malalingua sta ovunque.
Dal comico al politico – che spesso sono la stessa cosa – dal giornalista alle comuni persone della porta accanto uomini e donne.
Ma è una deriva alla quale dobbiamo arrenderci come testimoni di fronte ad uno Tsunami? Io preferirei di NO!
Alle domande che Kant pone nella “Critica alla ragion pura” –Cosa posso sapere, Cosa devo fare, Che cosa è lecito pensare – aggiungerei –
Cosa è lecito dire e cosa è doveroso tacere.
Ma queste riflessioni sono pressoché inutili per le sorde orecchie dello stupido. Non perché lo sia davvero ma perché in un’epoca dove la cultura è di libero accesso, si ostina a non volerne sapere.
Come studiosa di comunicazione posso affermare che in questo caso dovremmo riflettere se la percentuale sempre citata del buon Watzlawick che fa della comunicazione verbale solo il 7%, sia davvero così misera in una società che si esprime per la maggior parte delle volte per iscritto.
Perché nonostante l’intenzionalità data dal non verbale, anche le parole,
le precise parole che vengono dette – perché scelte – feriscono, offendono, impauriscono forse di più di un tono di voce aggressivo.