Restoring Peace

La diplomazia come competenza fondamentale per il futuro

Dipinti di Malak Mattar

Come formatrice e counselor avverto l’esigenza, quasi la missione di accompagnare le persone a svelare la versione migliore di sé. E credo che ciascuno di noi sia portatore sano di pace.

Ho studiato per tanto tempo la gestione dei conflitti come se fossero un fenomeno  così inevitabile da non poter pensare a nessuna alternativa. Ho anche assistito a gruppi di persone convinte che il conflitto sia non solo inevitabile ma addirittura qualcosa di auspicabile. Io non mi sono mai sentita a mio agio con questa narrazione e ho dovuto imparare a satarci “comoda” per non evitarlo. Ma questo non significa che debba essere l’unica alternativa.

Le organizzazioni, le comunità e persino le relazioni interpersonali sono sempre più caratterizzate da complessità, divergenze di opinioni e contrasti latenti e il “conflict management”, è spesso considerata una competenza chiave.

Ma cosa accadrebbe se cambiassimo prospettiva? Se, invece di focalizzarci sulla gestione del conflitto, ci orientassimo verso il “restoring peace”, ossia il ripristino della pace, attraverso il ruolo della diplomazia?


Oltre la gestione del conflitto: verso una cultura della Pace

La gestione del conflitto, come viene insegnata oggi, si concentra spesso su strategie per mitigare le tensioni, negoziare soluzioni e trovare compromessi. Tuttavia, questa prospettiva, sebbene utile, rischia di rimanere limitata. Gestire un conflitto spesso equivale a “contenerlo”, mentre il ripristino della pace implica un approccio più ampio e trasformativo.

L’obiettivo non è semplicemente risolvere un problema immediato, ma creare un ambiente in cui le parti coinvolte possano ricostruire fiducia, comprensione reciproca e collaborazione a partire dal riconoscimento reciproco.

Questo approccio richiede una rivalutazione del ruolo della diplomazia, non più vista come un’antica arte riservata ai tavoli delle trattative internazionali, ma come una competenza pratica e quotidiana alla portata di tutti.

La diplomazia come soft skill del futuro

La diplomazia, intesa come capacità di mediazione, empatia e comunicazione consapevole, è cruciale per affrontare le sfide del nostro tempo.

Per il “restoring peace” in contesti lavorativi,  personali e comunitari è necessario un ascolto presente e attento di chi sa mettersi in discussione per un bene più alto.

Come ho scritto nell’ articolo precedente abbiamo troppi bias, troppi pregiudizi e stereotipi che influenzano il nostro modo di leggere le situazioni.

Per creare ponti bisogna saper ascoltare senza interrompere, senza giudicare permettendoci di comprendere le vere radici delle divergenze. Questo è solo l’inizio per trovare soluzioni condivise.Parliamo spesso di empatia, ma senza coltivare la compassione questa capacità perde la sua forza. Mettersi nei panni dell’altro non significa solo “comprendere”, ma anche riconoscere e dare valore al suo punto di vista. È da qui che nascono relazioni autentiche.

Essere diplomatici non significa evitare di esprimere il proprio pensiero, ma farlo in modo chiaro, rispettoso e orientato alla costruzione di un dialogo. Ma tutto ciò  non sarà mai semplice se non impariamo a rimanere in contatto con le nostre emozioni, se non impariamo a comunicare i nostri bisogni.

Non possiamo pensare di costruire un mondo di pace se prima quella pace non la costruiamo dentro di noi! Il conflitto spesso scatena sentimenti intensi che tendiamo a celare. Come ci stiamo nella scomodità? Cosa ci succede quando proviamo rabbia? Cosa si nasconde sotto l’iceberg?

Per evitare escalation è importante la capacità di vederli e di riconoscerli, di accoglierli e gestirli in modo costruttivo.

Infine, la diplomazia richiede la capacità di cercare soluzioni che siano vantaggiose per tutte le parti, andando oltre il semplice compromesso, perché il punto è co-costruire un valore per ciascuno.

Portare la diplomazia al centro della formazione sulle soft skills significa ripensare il modo in cui prepariamo le persone ad affrontare il mondo. Non si tratta solo di insegnare tecniche, ma di coltivare un mindset orientato alla collaborazione, al riconoscimento delle differenze, alla fiducia, alla valorizzazione di relazioni sostenibili.

Nella mia esperienza, ho visto organizzazioni trasformarsi quando i leader imparano a essere “riparatori di pace” anziché semplici “gestori di crisi”. Ho osservato team evolvere da gruppi frammentati a comunità coese grazie all’applicazione di principi diplomatici. E ho assistito a individui che, attraverso un lavoro su sé stessi, sono diventati agenti di cambiamento positivo nelle loro vite e in quelle degli altri.

Insegnare il “restoring peace” non è solo una questione di competenze tecniche, ma un atto di responsabilità verso il futuro.

Quindi, in un mondo sempre più polarizzato, la diplomazia può diventare la chiave per costruire società più giuste, organizzazioni più resilienti e relazioni più armoniose.

Credo fermamente che il cambiamento inizi da noi stessi. Ogni volta che scegliamo di ascoltare, comprendere e dialogare, stiamo contribuendo a ripristinare la pace, un passo dopo l’altro. E forse, questo è il contributo più grande che possiamo dare al mondo.

Se vuoi partecipare alla diffusione di una società più giusta inoltra questo articolo. Siamo gocce in un oceano ma tante gocce creano onde giganti.

Grazie per il tuo tempo!

Pubblicato da Dott.ssa Anna Perna

Formatrice ad approccio umanistico esistenziale e Counselor Professionista Supervisore. Mi occupo da oltre 20 anni di apprendimento continuo, di sviluppo della persona e delle comunità. Sono appassionata d'arte e di viaggi e per questo sempre in cammino.

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