La coperta è così corta che a forza di tirarla si sta strappando. E a farne le spese sono i lavoratori di qualsiasi livello gerarchico.
L’ho visto con la crisi del 2008-2009 quando facevo bilanci di competenze a persone che non ne avevano molte, lo vedo ora sia con le persone senza lavoro, sia con i percorsi di carriera per le persone più qualificate.
L’ Italia ha sempre guardato il modello americano come un Eldorado da raggiungere. Ma quando si perde il lavoro da un giorno all’altro, tutto assume un’altra prospettiva.
In tanti anni di formazione e consulenza aziendale ho assistito alle dinamiche più disparate e nonostante la retorica del buon clima e del merito, posso constatare che le organizzazioni attente ai singoli dipendenti, sono davvero poche. Anzi pochissime.
Nel contesto aziendale riconoscere ai manager stipendi da sogno, che permettono un tenore di vita ricco per sé e per la famiglia è normale.
Ma quando tutto questo viene a mancare improvvisamente, non per la mancata competenza, non per le performance e neppure per etica professionale, ma per le scelte aziendali, allora tutto crolla. Improvvisamente ti trovi senza auto, senza pc e senza telefono. Il mutuo di casa diventa un problema e lo diventano anche la retta dell’asilo, la piscina, il dentista e tutto ciò che prima si dava per scontato. Perché i benefit sono una parte integrante delle retribuzioni e quando vengono meno, si prende coscienza del fatto che quel Eldorado americano in cui tutto è privatizzato compresa la salute, in realtà non funziona.
È come ricevere un cazzotto improvviso: prima rimani stordito, poi senti il dolore ed infine ti crolla il mondo che hai costruito, compresa l’immagine che hai di te.
Ne ho viste di queste storie. Di uomini che di punto in bianco venivano licenziati e di donne che nonostante le loro qualità sono state messe in disparte, magari perché stavano combattendo contro un tumore e le performance erano calate o perché in attesa del secondo figlio.
In questo caso è ancora peggio perché alle motivazioni aziendali spesso si uniscono gli stereotipi di genere che vogliono le donne sempre un passo indietro agli uomini.
Per fortuna l’essere umano è pieno di risorse e se perde il lavoro ad una certa età e ha seminato bene, si tratta di un momento superabile.
Si incassa il colpo, ci si lecca le ferite, si tocca il fondo e poi si riparte.
Come Counselor sto vedendo tante situazioni di questo tipo e sto dando una forte mano a risalire.
Come? Facendo chiarezza, risvegliando le risorse, la motivazione e valorizzando le persone per ciò che possono portare alle aziende.
Si parte dai bisogni del proprio ciclo di vita professionale, perché per rimettersi in gioco senza squalificarsi è necessario fare un esame di realtà. Inoltre è necessario inserire lo tsunami che si sta attraversando in un orizzonte di senso che dia al dramma un significato di crescita esistenziale.
Per cui questo momento doloroso diventa un buon momento per comprendere cosa davvero valga la pena, compresa l’ambizione che non deve necessariamente essere verticale. E tutto ciò per una vita più sana e ricca di significato.

Sono i momenti che chiamo “della potatura“. Si tolgono i rami secchi, si concima e si lascia respirare la pianta.
Talvolta si cambia lo stile di vita e ci si accorge che i valori non sono più quelli di una volta o semplicemente hanno cambiato l’ordine di priorità. In tutti questi anni non ho mai pensato che le persone al lavoro non avessero qualità personali utili per le organizzazioni e per la società. Ma c’è bisogno di nuove chance.

A volte la sensazione è che nonostante ci siano le risorse, non ci sia la cura e l’attenzione necessari per attivarle. Come Formatrice trovo svilente e poco etico seguire queste logiche come sta succedendo in alcuni corsi del Programma GOL
Quando nei Centri per l’impiego non si fa un buon orientamento, le persone vengono inviate ai Centri di Formazione senza un senso ma solo come numeri da smaltire.
Così ho deciso di mettere in campo le competenze di Counselor e di Orientatrice per aiutarle a rivedere le competenze acquisite (anche nei lavori in nero, è inutile nasconderlo) i bisogni e le motivazioni, perché non è vero che un lavoro vale l’altro.
Poi cerco di valorizzare la persona in vista di un colloquio di lavoro e finiamo per analizzare il mercato, con la consapevolezza che anche questo è suscettibile di cicli e che non sempre trovare lavoro dipende da noi.
Tutto ciò aiuta le persone a riprendere coraggio, a combattere contro la depressione e a ritrovare la speranza. Perché come ci insegna il meraviglioso film di Paola Cortellesi, dopotutto
