I libri sono sempre stati il mio rifugio, la mia isola felice, un momento per sentirmi bene. Più leggo e più mi accorgo che le mie emozioni e le mie motivazioni non sono sempre uguali perché tra i tanti, quelli che mi fanno stare davvero bene, sono i libri che parlano della natura umana e possibilmente di come realizzarla pienamente. È per questo che ho scelto una professione in cui posso continuamente sentirmi in cammino aiutando le persone che voglio intraprendere con me un percorso di autorealizzazione. E siccome sono convita che non si possa accompagnare qualcuno là dove non siamo già stati, cerco sempre di entrare nelle cose in profondità per coglierne degli spunti nutrienti per me e per le persone che lavorano con me. Ecco perché sono profondamente attratta dalle discipline psicologiche, dalla filosofia ma anche dai romanzi, dal teatro e dall’arte tutta.
Ultimamente viaggiando in Medio Oriente mi sono incuriosita della cultura musulmana e in particolare della sua parte più mistica. Il Sufismo come tutte le mistiche è legato alla religione di riferimento ma la parte che mi interessa di più è quella che dà voce alla possibilità per ciascuno di noi di essere migliore e di vivere pienamente la vita per sé e per gli altri.
Siccome l’essere umano non può compiersi senza darsi un’anima, credo che questo aspetto sia non solo interessante dal punto di vista culturale ma anche come elemento necessario per sentirsi esseri completi.
Per essere Sufi bisogna appartenere ad una confraternita musulmana ma al contrario di quanto si creda, questa pratica nasce dall’incontro di viandanti, studiosi, studenti di nazionalità e religioni diverse. Questi incontri avvenivano nei caravanserragli di pietre e di mattoni aperti gratuitamente alle carovane che lungo la Via della Seta portavano dalla Cina al Mediterraneo. Queste dimore erano dotate di biblioteche ed erano luogo di scambio culturale e filosofico.
Dunque, il Sufismo si sviluppa e cerca i punti d’incontro tra diverse filosofie e religioni disponendole una dopo l’altra lungo il perimetro di un cerchio, il cui centro è il Dio a cui tendono. Come i raggi di una ruota, più si avvicinano a questo centro, più sono vicine tra loro.[1]
Un’altra particolarità estremamente interessante del Sufismo è la ricerca del divino attraverso l’arte e in particolar modo la musica e la poesia, esattamente come per Kandinsky[2]. La bellezza di Dio è possibile provarla attraverso l’estasi che si raggiunge per esempio con la danza dei dervisci, una pratica per chi vuole entrare in contatto con la propria parte spirituale senza intermediari. L’idea di fondo è che chi è analfabeta, per quanto bella sia la favola che gli viene raccontata, deve farsela leggere da un altro e quindi non potrà mai entrarne in contatto diretto. Ma per il mistico Sufi è importante viaggiare dentro di sé per arrivare alla luce della conoscenza superando le tenebre dell’ignoranza che crea soltanto inutili timori e resistenze alla vita.
Il Sufismo è un viaggio con il corpo, con la mente, nei libri e nei secoli, nelle arti e nelle opere di chi ci ha preceduto per millenni. Come scrive il poeta Alī al-Hujvīrī[3], viaggiare serve a rompere i lacci e a rafforzare gli animi. Il viaggio è dunque un modo per conoscere al fine di amare, capire, paragonare, evolvere. Attraverso il viaggio ci si unisce agli altri e ci si libera dai pregiudizi. In questo viaggio si capisce come l’essere umano sia sempre se stesso e non è mai se medesimo. La conoscenza di sé e il miglioramento personale avviene perché si sperimentano il più possibile le virtù della conoscenza, della coerenza, della perseveranza, del rispetto, dell’empatia universale, dell’equilibrio individuale. Ma anche attraverso il bilanciamento tra pazienza, rinuncia, sincerità, accettazione, umiltà consapevole e certezza.
È una ricerca verso la conoscenza di sé per diventare ciò che si può diventare senza cercar di perseguire quello che è illusione, esattamente come suggeriva l’oracolo di Delfi “Conosci te stesso e nulla di più” ripreso da Socrate.
La cosa importante è dunque la consapevolezza per acquietare ciò che va acquietato e risvegliare ciò che va risvegliato. Per avvicinarsi al Sufismo bisogna imparare ad imparare senza giudicare mai sulla base di preconcetti. Lo strumento per intraprendere questo cammino è l’umiltà opportunamente corretta dall’ambizione, che tiene lontani dall’orgoglio e dalla presunzione.
È un percorso che mira a farci entrare in possesso pienamente del nostro libero arbitrio a partire dal mondo fenomenico per compiere la nostra spiritualità. I temi centrali che vengo trattati e studiati negli anni sono un corretto uso del linguaggio e del significato delle parole per abbandonare le frasi fatte e dei luoghi comuni; una visione precisa delle cose e di ciò che accade intorno a noi per non nutrire false illusioni; imparare a stare nel qui ed ora perché, se vogliamo vivere in modo sereno l’unico momento che abbiamo a disposizione e il presente; superare la morale e sostituirla all’etica abbandonando le istituzioni meschine e limitanti. La morale infatti, dice: “non rubare il portafoglio al tuo prossimo, perché così facendo commetti un peccato.” L’etica invece, afferma: “non rubare il portafoglio al tuo prossimo, perché così facendo gli procuri un danno.” E questo danno alla fine arriva anche noi.
Infine, per il Sufismo la vera umiltà consiste nell’avere una corretta nozione del proprio valore che significa né ritenerci superiori a ciò che effettivamente siamo, ma nemmeno inferiori. Per vivere intensamente e con soddisfazione abbiamo bisogno di occuparci davvero di ciò che ci interessa e di accompagnarci a quanti vivono intensamente le cose di cui sono appassionati. Per il sufi è importante cogliere il senso autentico delle situazioni. Ciò può avvenire soltanto vedendo le cose dall’alto e con distacco. Distacco dalle vanità mondane, dai lacci politici, finanziari, consumistici. Liberi completamente da concetti come patria o confini, da colori della pelle o diatribe campanilistiche o etniche. Il Sufi sa difendersi ed è lineare, impeccabile, tagliente come una spada. Sa quali sono i valori autentici e sa possederli in modo positivo, luminoso e completo. “Il cuore del fedele è dunque quella moschea sacra al cui interno occorre potare i rami secchi, recidere le cose inutili, usare la spada per scindere consapevolmente il bene dal male”[4].
Questo cammino è molto simile al Counseling, un percorso relazionale di consapevolezza e cambiamento, che ci insegna a vivere nel qui ed ora e che inizia e finisce per raggiungere un obiettivo concreto. Non è una terapia e non si rivolge a pazienti ma possiede delle caratteristiche molto precise e rigorose che si esplicitano in un contratto chiaro tra counselor e cliente, dove il focus è sulle risorse e la consapevolezza di sé, per migliorare il proprio modo di vivere in tutti gli ambienti sociali. Attraverso strumenti come l’ascolto autentico e privo di giudizio, l’utilizzo di un feedback costruttivo e della riformulazione, favorisce il problem solving, sviluppa la creatività e una buona immagine di sé.
Come tutti i viaggi di cui sono appassionata, anche il Counseling mi ha catturato prima come cliente, poi come studentessa e oggi come Counselor. Ne sono così profondamente grata e ghiotta che sento l’esigenza di continuare ad approfondirlo, perché chi esce da questo cammino si sente maturato e in linea con l’età che possiede ed impara che l’unico modo per vivere in modo pieno e soddisfacente è riempire di significati positivi la propria esistenza.
[1] Mandel G, La via del sufismo. Nella spiritualità e nella pratica. Bompiani, p.20
[2] Kandinsky V, Lo spirituale nell’arte, ed. SE
[3] Mandel G, ibidem, p. 33
[4] Mandel G, ibidem, p. 63