Non scrivo per vivere, scrivo per essere. Talvolta anche per divenire.
L’ho sempre fatto, da quando ho cominciato ad elaborare a modo mio la perdita di mia mamma.
Ero piccolissima e confezionavo piccoli librini rilegati a mano con storie fantastiche che la mia maestra mi lasciava leggere ad alta voce in classe. Qualcuno mi prendeva in giro, ma io facevo quello che sentivo. E scrivere mi faceva stare bene.
A 15 anni, la signora della porta accanto mi prestò una vecchia macchina da scrivere. E da quel momento ho iniziato a ripercorrere le tappe della mia infanzia. In ogni tasto si esprimeva la magia creativa e con l’immaginazione ho colmato i buchi, i non detti, le immagini distorte con nuovi significati, cucendo là dove non avevo risposte.
Non scrivo per vivere anche quando pubblico. Neppure quando porto in scena le commedie che ho in testa.
Scrivo per essere e condividere. Perché ho imparato che scrivere è anche un atto generoso oltre che creativo e curativo, soprattutto quando si viene letti.
Ho continuato a scrivere diari, lettere, fino a quando non ho avuto il coraggio di pubblicare. Perché quando si scrive per essere letti, la scrittura diventa un’altra cosa. Non era in programma, non mi sentivo all’altezza. Poi una persona cara mi ha detto:”peccato, magari sai scrivere qualcosa in cui altri vorrebbero rispecchiarsi ma che non sanno esprimere”.
Erving Polster dice che ogni vita merita un romanzo ed è vero. Attraverso la scrittura ci costruiamo nel passato per inventaci il futuro e mentre lo facciamo, curiamo le ferite dando loro voce e dignità. Impariamo a custodirle come ciò che ci ha resi unici per quello che siamo. E quando va bene riusciamo anche a trovarne un senso.
La scrittura che si usa nel counseling è una scrittura che cuce, ripara le relazioni con le persone, gli eventi e se stessi. Ci rende adulti, più consapevoli e veri. E quando tutto questo avviene ci si sente ben radicati e liberi.
Ognuno di noi dovrebbe narrare la propria storia e poi raccontarla ad alta voce. Io posso aiutare a tracciarne le tappe, trovando il filo rosso che le attraversa attraverso il metodo del counseling narrativo.