L’attitudine alla complessità esistenziale

Il piano dell’opera filosofica kantiana si regola attorno a 4 domande che oggi possono essere spunto interessante per stimolare il pensiero critico.

kant

  1. «Che cosa posso sapere?», (Critica della ragion pura)
  2. «Che cosa debbo fare?», (Critica della ragion pratica)
  3. «Che cosa mi è lecito sperare?»  (Critica del Giudizio)
  4. «Che cos’è l’uomo?», (Kant afferma «i primi tre problemi si riferiscono al quarto»)

Sono domande complesse perché al di là del piano puramente filosofico, ci pongono nell’ottica di riflettere su come costruiamo le cose in cui crediamo e quindi come influenziamo il nostro modo di leggere le situazioni che viviamo.

Il punto è che le situazioni della nostra vita sono estremamente complesse e spesso desideriamo darne spiegazioni semplici e lineari. Ma non è possibile.

 

ARTEMISIA: Che differenza c’è tra il termine complicato, complesso ed in fine caos?

CAVARADOSSI: il termine “complicato” deriva dal latino “complicare” e sta ad indicare qualcosa di piegato, di avvolto su se stesso.

ARTEMISIA:Allora possiamo dire che un fatto, un problema, una situazione si presentano in tal modo come “complicati” perché alcune parti sono nascoste, quindi difficili da decodificare . Quindi risulta complicata quella situazione che non è stata sufficientemente esplorata in tutte le sue caratteristiche …

CAVARADOSSI: Possiamo dire che una situazione  complicata è difficile da affrontare o da risolvere, ma ha una soluzione possibile sbrogliando e scomponendo il problema nelle parti che lo compongono.

ARTEMISIA:  Non è un caso se molte volte, confrontandoci su questo tipo di tematiche, si trova la soluzione, molto spesso anche solo parlandone!

 CAVARADOSSI: Sì è così. Spesso è il confronto con l’altro che sbroglia i nodi che rendono complicata una situazione.

ARTEMISIA:  e cosa mi dici del termine complessità?

CAVARADOSSI: Il termine “complesso”, trova la sua radice etimologica nel latino “complèxus” e sta per qualcosa di intrecciato, composto da una molteplicità di parti collegate tra loro e dipendenti l’una dall’altra.

ARTEMISIA: Quindi, una situazione risulta complessa perché originata dall’ intreccio di elementi che interagiscono tra di loro generando situazioni di disordine, dubbio, indecisione, confusione.

CAVARADOSSI: Diciamo che un problema complesso come la gestione di una relazione, di un’azienda o addirittura di un Paese,  non può avere una soluzione univoca, non può essere affrontato scomponendolo nelle sue parti elementari, perché non risulta dalla loro sommatoria, ma dal loro legame e dalla loro interazione. Una situazione complessa con i problemi che ne derivano va, pertanto, considerata nella sua globalità e calata nel contesto in cui si presenta.

ARTEMISIA:  Dunque è inutile voler risolvere i problemi tra le persone, ognuna con i suoi  progetti, emozioni, stati d’animo, temperamenti, motivazioni, desideri in modo lineare perché in questi casi non si può prevedere in anticipo il risultato cui si arriverà, anche se si potrà comprenderlo a posteriori, una volta raggiunto.

CAVARADOSSI: Le organizzazioni come sistemi vitale fondate su relazioni interne ed esterne e sulla ricerca della sopravvivenza e dell’ armonia,  risultano per natura complesse, perché producono complessità, vivono nella complessità, si nutrono di complessità.

ARTEMISIA: Detto questo, la confusione che ormai popola diffusamente le nostre giornate, assomiglia di più al caos.

CAVARADOSSI: Caos trova la sua radice etimologica nel greco “chàos” e sta per abisso, fenditura, un’ampia e tenebrosa voragine nella quale vari elementi convivono in una inestricabile confusione di cose, Ecco perché molte situazioni sono pressoché impossibili da risolvere. Il sospetto è la malafede che certi uni ci mettono nel creare caos, proprio per non rendere possibile una via d’uscita, se non prese di posizioni legate a ideologie e pregiudizi.

ARTEMISIA: In ogni caso, credo che nonostante la matassa ingarbugliata dovuta dal caos, là dove neppure la più lucida razionalità possa aiutare, lo possa invece la nostra capacità di usare altre capacità. A partire dalla fantasia, cioè della capacità di proiettarsi in mondi inesistenti dove tutto è possibile, dove si può trovare la soluzione cercata, per poi portarla nel mondo reale attraverso l’immaginazione e la sua capacità di generazione di ipotesi, idee ed azioni.

Pubblicato da Dott.ssa Anna Perna

Formatrice ad approccio umanistico filosofico e Gestalt Counselor. Umanista convinta, mi occupo da oltre 15 anni di apprendimento continuo, di sviluppo della persona e delle comunità. Sono appassionata d'arte e di viaggi e per questo sempre in cammino.

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