Continua il dialogo basato sull’ articolo pubblicato su Liberal Education [1985] dal Prof. Peter A. Facione del Dipartimento di Filosofia della California State University, sulla definizione di «pensiero critico».
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Essere coscienti in maniera chiara ed esplicita delle lacune che esistono nelle informazioni che si hanno a disposizione. Riconoscere quando si giunge a una conclusione o si prende una decisione in assenza di un’informazione completa, ed essere in grado di tollerare l’ambiguità e l’incertezza. Riconoscere quando si sta prendendo qualcosa per buono con fiducia, senza aver esaminato le domande «Come facciamo a sapere…? Perché crediamo che…?».
CAVARADOSSI: Interessanti ricerche sulla capacità e sulla maturità cognitiva vengono svolte assegnando domande o problemi di verifica in cui sono stati deliberatamente omessi alcuni dati o una parte delle informazioni, e in cui non è possibile rispondere alle domande senza procurarsi delle ulteriori informazioni o senza fare qualche ipotesi plausibile che colmi le lacune.
ARTEMISIA: e qual è il risultato?
CAVARADOSSI: Il rendimento della maggioranza degli studenti e di molte persone adulte in questi test è davvero basso. Essi hanno avuto poca esperienza in questi ragionamenti analitici e, da soli, non riescono a riconoscere che mancano delle informazioni.
ARTEMISIA: Questo da cosa dipende?
CAVARADOSSI: Se viene detto loro come stanno le cose, alcuni identificheranno le lacune dopo aver riesaminato il problema, ma molti non riusciranno ancora a definirle in maniera specifica. Può succedere di tanto in tanto di credere a qualcosa sulla fiducia. Questa è una cosa del tutto ragionevole da compiere, ma non dovrebbe mai essere fatta senza sapere che esiste la possibilità che manchino prove.
ARTEMISIA: Tu vuoi dire che dovremmo essere consapevoli del fatto che quando vengono fornite le informazioni esse non sono mai del tutto complete e che stiamo accettando che lo siano sulla sola base della fiducia.
CAVARADOSSI: Sì, è così. Senza questa cautela, non possiamo stabilire un sistema di riferimento sulla base del quale poter giudicare il nostro livello di conoscenza, e non riusciamo a distinguere in modo chiaro quei casi in cui sono state fornite le prove da quelli in cui ciò non è stato fatto.
ARTEMISIA: Questo significa non subire passivamente le miliardi di informazioni che ci vengono propinate come se fossero vere e considerare che anche il nostro punto di vista è inevitabilmente influenzato da ciò che crediamo.
CAVARADOSSI: si tratta dei nostri pregiudizi e delle nostre conseguenti convinzioni.
ARTEMISIA: Esattamente! Se credo che bere caffè faccia male, cercherò tutte informazioni che supportino questa mia convinzione. Ci vuole un certo livello di onestà intellettuale e un forte spirito per mettere in discussione ciò che crediamo come vero!
CAVARADOSSI: Ci sono convinzioni radicate nel profondo, addirittura culturalmente e il più delle volte le subiamo senza neppure saperlo.
ARTEMISIA: Ma io credo la libertà di pensiero – quindi la libertà dell’essere umano – sia sfidare proprio queste convinzioni per
aprire la mente al possibile emancipandosi dall’ inevitabile!
…. segui il punto 3 con il prossimo articolo!
