Il coraggio dell’eroe


Nessuno ci pensa ma anche i mentori e le figure di riferimento hanno attraversato il loro percorso per diventare se stessi, costruendosi passo dopo passo.

Questo viaggio fatto di tappe è ben descritto ne “Il viaggio dell’eroe” di Christopher Vogler e ha aiutato molti di noi a comprendere come diventare la persona che siamo.

Condivido una parte del mio percorso con l’augurio che possiate trovare la vostra ispirazione.


Anche questa mattina la sveglia non mi sveglia. Maffy fa le fusa, appiccicata sul fianco. Il sole è appena spuntato, ma la città ancora dorme. 
Mi alzo. Fatico a infilarmi le ciabatte. Con gli occhi stropicciati cerco di capire se sono volate sotto il letto. Per cercarle mi chino, ma nell’alzarmi ho un capogiro. Mi sento la pressione sotto i piedi e mi devo sedere. Guardo l’armadio e penso che, da quando me ne sono andata di casa, mi sento un’altra persona. 
Sono finalmente padrona della mia vita. Dovrei essere felice eppure ci sono volte in cui mi prende un incredibile sconforto. 
Siamo io, la gatta e la comunità di via Campanella: quattro appartamenti per quattro anime in pena. 
Preparo il caffè. 
Mentre aspetto che venga su, apro gli scuri per cambiare orizzonte, ma in centro è inutile, perché davanti alla mia finestra vedo solo il muro della casa di fronte. 
Il borbottio della caffettiera mi avverte: anche oggi devo rinchiudermi in quello studio. 
Ma cosa c’entro io con la contabilità? 
Mi vesto svogliata. Butto un occhio al manifesto che pubblicizza un bellissimo seminario di teatro: un mese immersivo con uno dei miei registi preferiti. Me lo hanno dato le mie amiche quando la settimana scorsa siamo andate a vederlo al teatro delle Passioni e abbiamo iniziato a fantasticare su come sarebbe stato bello vivere d’arte, raccontando storie in quel modo così poetico e coinvolgente! 
Ma puntuale arriva la realtà con la voce di mio padre che mi dice: “Cresci!” 
Ci sono le bollette, la spesa, l’affitto. Questa è la vita reale. 
Prima devo finire l’università. Lo voglio fare per dimostrargli che sono capace. 
Crescere significa mettere la testa a posto, anche se io con la testa sto da un’altra parte. 
Non c’è speranza. 
Eppure, sento un’attrazione irresistibile che mi spinge in quella direzione. Il manifesto sta lì, sull’angolo del tavolo. Sono due settimane che mi guarda. Ogni tanto butto un occhio ai due personaggi disegnati. Uno mi fa l’occhiolino, invitandomi a provare. Ha un sorriso simpatico e bonario. Quell’altro è più serioso e, con sarcasmo, mi ricorda che per avere certe ambizioni ci vuole talento! 
Improvvisamente mi sento uno schifo. 
Mi guardo allo specchio e vorrei tornare sotto le coperte. Per di più, fuori è una bellissima giornata, cosa che odio perché in netto contrasto con il mio meteo interiore. 
Mi guardo e intravedo i bordi che trattengono la polpa di un’anima in movimento. Allora mi dico che anche io ho il diritto di provarci! Prendo la lettera della mia maestra, quella che sa di buono come il pane appena sfornato. L’annuso e mi basta per sistemarmi alla bell’e meglio e uscire da questo torpore. 
Raggiungo il lavoro camminando come un automa. Le gambe sono due pezzi di marmo. Sono magicamente diventata duecento chili di tristezza. 
Finalmente arrivo. Cerco le chiavi nella borsa e, come sempre, non le trovo. Mi affanno. Questa mattina è tutto molto faticoso, ma dopo due secondi spuntano dalla tasca. 
Faccio per aprire il portone, che sembra più pesante di sempre, e, prima che si chiuda, ho come un momento di lucidità. 
Prendo fiato. 
Guardo il cielo. 
Le nuvole volteggiano libere e sento una forza che si anima da dentro. Per una volta nella vita voglio capovolgere tutto. 
Le gambe sembrano slegarsi dalla morsa che le imbrigliava. Con scatto felino salgo la scala, entro nello studio, prendo un post-it e lascio solo due righe: “Questo non è il mio posto, mi licenzio.” 
Lascio il foglietto velocemente e, prima di avere un altro ripensamento, scappo come una gatta che ha appena combinato un disastro. 
Velocemente raggiungo il mio monolocale, accendo il computer e, senza troppe scuse, mando una mail di iscrizione. Poi spengo tutto e vado in piazza. Questa volta ho la testa leggera, sono quasi brilla. 
Rido. Mi concedo una seconda colazione, salutando la barista che risponde con un bellissimo sorriso. 
Finalmente sento salire la gioia che vorrei cantarla a squarciagola. 
Poco importa se passerò la selezione. 
Dopotutto ho fatto un passo in avanti e questa volta l’ho fatto solo per me.

_______

La narrazione di sé è ciò che costruisce il nostro vissuto. Usando questo modello nel counseling, posso aiutare le persone a riconoscere le proprie sfide e a scoprire il potenziale di trasformazione e crescita che risiede in ciascuno di noi.

Questo approccio ci invita a vedere le nostre esperienze come le tappe di un disegno, in cui probabilmente non siamo gli autori, perché qualcuno di più grande ha creato le condizioni; ma sicuramente possiamo essere i protagonisti e i narratori per dare un  significato alla nostra esistenza.

Se sei incuriosita/o e vuoi diventare la versione migliore di te oltre le sfide e i condizionamenti contattami e sarò lieta di mostrarti la via.

Grazie per il tuo tempo🙏⚘️

Pubblicato da Dott.ssa Anna Perna

Formatrice ad approccio umanistico esistenziale e Counselor Professionista Supervisore. Mi occupo da oltre 20 anni di apprendimento continuo, di sviluppo della persona e delle comunità. Sono appassionata d'arte e di viaggi e per questo sempre in cammino.

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