Quando ho preso la patente ho capito che potevo essere autonoma. Più o meno come quando ho aperto il primo conto corrente e ho ricevuto i primi soldi. Una sensazione di pienezza davvero straordinaria. Da quel momento non mi sono mai fermata nel mio cammino verso l’autodeterminazione!
La prima auto che ho posseduto è stata una Ford KA nera con cambio manuale a cinque marce 1.3 turbodiesel da 75 cavalli di nome Carolina. Mi è sempre piaciuto nominare le cose soprattutto quelle che ritengo compagne d’avventura. Per me era bellissima perché un modello così rotondo non l’avevo mai visto e a me piacciono più le curve che gli spigoli. Ho sempre amato le auto piccoline perché quando le guido mi sembra di sentirle addosso come un abito. E in quel periodo andava benissimo perché abitavo in centro a Modena in un monolocale del marchese Rangone Macchiavelli, proprio nel portone che sta subito dopo l’arco.
In quel periodo non avevo un soldo bucato, mi ero appena separata dal mio ex, e avevo un sacco di difficoltà. Per fortuna ho sempre avuto una rete affettiva di persone che nei momenti più duri mi è stata vicino in tutti i sensi ed ho potuto ri-costruirmi un pezzetto alla volta. Prima di questa esperienza pensavo fermamente di non dover chiedere. Sono stata educata a non domandare mai, ma con il tempo ho compreso che la donna o l’uomo che si “fanno” da soli sono solo un mito. Siamo esseri relazionali e siamo per natura nati per sostenerci. E di questo, alle persone che mi continuano a stare vicino, ne sarò per sempre grata!
Dovevo finire la tesi che stava in stand by da qualche anno e lavoravo per una commercialista che non sopportavo. Purtroppo, io i numeri e le procedure non siamo mai andati molto d’accordo. Sono sempre stata una donna di parola in tutti i sensi dalle superiori fino alla laurea.
Per il mio tirocinio formativo andai a fare tutoraggio presso un Ente di Formazione Professionale dove mi occupavo di normale amministrazione. Compilare documenti, prendere firme, assistere i partecipanti, gestire i docenti. Insomma, ancora un ruolo che non c’entrava nulla con me. Ma ci tenevo ad essere indipendente e anche se non ero per nulla tutelata visto il contratto precario, avevo deciso di portare avanti questa mia scelta.
Sapevo cosa mi piaceva fare ma non ero pienamente consapevole delle mie capacità e non credevo molto in me stessa.
Quando stavo con Enrico che faceva il Formatore, lo seguivo per l’Italia stando ad osservare, prendendo appunti, rubando con gli occhi come si gestisce un’aula, come si parla davanti ad un pubblico, come si controbatte ad un’obiezione e così via. Siccome ero molto curiosa di comprendere meglio come facesse, mi iscrissi ad un master biennale sulla comunicazione interpersonale con la programmazione neuro linguistica, disciplina che unita al mio percorso umanistico mi diede degli spunti interessanti ma che abbandonai presto per seguire altre strade più affini al mio modo di stare nel mondo. Inoltre, le tensioni personali erano tali che quell’approccio risultava acqua fresca. Così decisi di aprire l’elenco telefonico per cercare qualcuno che mi desse una mano occupandosi principalmente di problematiche familiari.
Conobbi la mia psicoterapeuta, una donna fuori dal comune. Decisi di affidarmi a lei quando la prima volta mi prese la mano con decisione e guardandomi negli occhi mi disse: “Si ricordi che lei deve decidere se lavorare con me ma io devo decidere se lavorare con lei”. Questa frase mi sembrò garanzia di etica. E ci scegliemmo. Superai alcune forme di pensiero che mi costringevano in un mondo che non mi faceva star bene. Mi separai ufficialmente, mi laureai e cominciai una nuova vita.
Ero ormai un’altra persona. Con la Ford KA andavo ovunque. Lasciai il vecchio lavoro e con i pochi soldi da parte andai a Mira in Veneto a fare un workshop di un mesetto con un regista. Il teatro era entrato nella mia vita già da qualche anno ma non avevo mai pensato di poterlo fare di professione. Infatti, grazie a quel percorso ho scoperto di non possedere il fuoco sacro della recitazione, ma quello per raccontare storie sì. A Mira ero ospite di un amico che stava a Treviso e così ogni giorno guidavo per una quarantina di chilometri raggiungendo il teatro che ci ospitava. È stato faticosissimo perché quel tipo di training non si limita alla recitazione del testo ma si basa sulla padronanza del corpo e della voce nello spazio.
Tornata a casa ho continuato a formarmi. E via ancora una volta con Carolina verso Ponte Lago Oscuro in quei di Ferrara con il Teatro Nucleo. Li seguii in un percorso dal titolo alquanto suggestivo: L’attore sciamano per operatori del teatro nel sociale. La vera sciamana era la regista Cora Herrendorf con la sua voce roca dal fumo, i suoi modi ruvidi, esigenti ma attenti e rispettosi e il suo contenitore per il mate che alternava rigorosamente alle sigarette. Una donna forte, sicura, creativa. Una vera artista. Una maestra visionaria. Dopo la formazione io, Raffaella, Nicoletta e Sara decidemmo di mettere in scena uno studio sulle donne di Shakespeare. Eravamo incuriosite da questi personaggi femminili raccontati da un uomo per essere interpretati da uomini come si usava a quei tempi. Il risultato fu un “movimento” che coinvolgeva le quattro protagoniste nei temi del ritorno alle origini, la necessità di imparare a bastarsi, il desiderio di possedere se stesse, il bisogno di imparare a rimanere ferme per chiudere finalmente le porte con il passato. Così nacque Movimento in 4/4, uno spettacolo con quattro voci per un unico percorso di trasformazione. Eravamo molto orgogliose del lavoro svolto. Avevamo creato una bella sorellanza che aveva rafforzato la nostra amicizia. Quando decidemmo di mostrare il nostro lavoro a Cora non ci aspettavamo che ce lo stravolgesse completamente. Per noi fu una batosta ma al contempo una lezione che non dimenticherò mai. Fu lì che Cora mi costrinse in una maledetta ruota che testardamente mi rifiutavo di fare per paura. Ma quando mi portò a superare il mio limite, mi sentii deversa. E per questo le sarò per sempre grata.
Il tempo passa in fretta e difficilmente ci consente di ricordare gli eventi con una sequenza precisa. Era il 2006 ricoprivo il ruolo di Presidente dell’associazione Artegenti. Ciò che successe in quel periodo fu davvero importante. Il lavoro non mi gratificava. Il mondo della formazione professionale nella veste di tutor non mi realizzava. Piuttosto mi sentivo viva quando organizzavo eventi con l’associazione e ancora meglio quando potevo esprimere la mia creatività. Fu un periodo di grossa frustrazione ma fu grazie ad essa che realizzai diversi progetti artistici e letterari.
E siccome la vita è movimento e va presa con ironia, fu proprio per uno strano scherzo del destino che mi trovai a sostituire il mio responsabile in una commissione d’esame presso un Ente di Formazione. Allora conobbi Giuliana la persona che mi fece conoscere la realtà con la quale lavoro da diciotto anni come docente e Formatrice di soft skill. Un’altra donna nel mio cammino e nel mio cuore. Iniziò così la mia nuova vita. Per l’ennesima volta lasciai ciò che mi dava sicurezza per intraprendere un cammino incerto ma ricco e pieno di cose interessanti. Lasciai anche il mio monolocale perché mi capitò l’occasione di comprare il piccolo appartamento in cui attualmente vivo, con un mutuo che estinguerò tra una quindicina di anni ma che ha una rata molto più bassa di un affitto.
Siccome per fare la Formatrice dovevo viaggiare parecchio, decisi di cambiare anche la mia Ford KA con una Pegeout 2006 a Gpl che ho battezzato Peggy come Peggy del museo d’arte Guggenheim. Fu un passaggio molto importante. Mi sentivo piena di energie ed entusiasmo esattamente con quello spirito resiliente che ha Rossella O’Hara in Via col Vento costretta a ricominciare d’accapo dopo aver perso tutto per via della guerra. “Dopotutto, domani è un altro giorno!” mi dicevo imitandola. Perché è vero che gli inciampi possono essere tanti e le difficoltà altrettante ma la vita è così imprevedibile che dobbiamo imparare a guidarla mantenendoci saldi ai nostri principi.
Con stupore sono volati ben 20 anni da quando ho iniziato la mia nuova avventura. Certo il lavoro ha influenzato il mio modo di essere ma non solo. Con la Peggy ho fatto tanti chilometri lungo la linea che attraversa l’Emilia Romagna da Rimini a Piacenza. Ho conosciuto tante piccole e grandi realtà, ho parlato con tante persone, ho costruito uno stile tutto mio che ho coltivato grazie ai miei interessi al di là del lavoro. Oggi possiedo una Mini Cooper con cambio automatico che ho chiamato Carlotta. Quando ho capito che Peggy cominciava a richiedere troppe riparazioni e ne ho avuto le possibilità, mi sono concessa questo piccolo lusso. Ho sempre amato la Mini, è un’auto che mi rispecchia. La mia è beige con la cappotta nera e due strisce sul cofano che le danno un ché di sportivo ed elegante. Il cambio automatico è davvero comodo soprattutto in città quando devi fermarti ai semafori o rallentare nelle rotonde e poi subito dopo riprendere la marcia. Quello che più mi diverte è la grinta in un corpo piccino. La stessa che serve per vivere in un mondo che è diventato sempre più aggressivo e faticoso. Quella che serve per non farsi sopraffare dall’arroganza delle persone ignoranti. È mini e non ha pretese, rimane umile ma orgogliosa. Occupa il suo giusto spazio e si fa rispettare con autorevolezza. L’ ho notato nei parcheggi delle aziende dove vado a fare consulenza. Sì, perché ci insegnano che l’abito non fa il monaco ma l’abito – il monaco – lo fa eccome! Arrivavo con la Peggy ed ero anonima. Oggi arrivo con Carlotta e quanto meno non mi vengono addosso per schiacciarmi come un moscerino. O forse sono solo io che sono cambiata e con me il mio modo di guidare e pormi nelle situazioni.
Ora che viaggio molto di più per tutta la penisola, sento che sta per concludersi anche quest’ epoca. Grazie alle automobili ho preso contatto con la mia indipendenza e grazie al fatto di aver passato tante ore a guidare da sola ho avuto modo di pensare a che tipo di professionista voglio essere. Come Formatrice e Counselor rimango una seguace di Delfi e per questo intimamente socratica. Il mio scopo è costruire realtà pensanti con le persone che incontro lungo il mio cammino. Credo profondamente nelle occasioni che offre la vita, nell’apprendimento continuo, nella consapevolezza e nelle relazioni. E amo pure l’arte e la poesia anche nel lavoro. Mi piacciono le sfide che accolgo come momento di crescita. Oggi posso dare una mano a quelli che vogliono darsi una direzione chiara tracciando il proprio sentiero, perché così ho fatto con me e so come si fa.
Non amo i dogmatismi e le semplificazioni. Non amo seguire prescrizioni senza argomentazione. Non sono brava a vendere qualcosa in cui non credo o che non conosco a sufficienza. Non sono disposta a seguire incarichi noiosi dove non è chiaro l’impegno reciproco. Invece mi impegno nel mettere a disposizione i miei talenti per coloro che vogliono lavorare per la propria crescita. In questi casi ci metto creatività, cura, ascolto, competenza e intuito ma solo per chi vuole mettersi in gioco seriamente. Perché tutto ciò nonostante sia entusiasmante, è molto faticoso.
Sempre più spesso prendo il treno e quando posso l’aereo. Non solo per oggettiva comodità; quando viaggio comodamente seduta posso leggere, scrivere, guardare il paesaggio, meditare o semplicemente dormire. Ho scoperto che dopo aver guidato per tanto tempo mi piace lasciarmi anche guidare. Affidarmi, chiudere gli occhi, mollare per un attimo la presa e godermi l’esperienza con tutta tranquillità.
Credo sia giusto che le automobili lascino il passo a mezzi meno inquinanti e più ecologici perché il pianeta lo richiede e lo richiedono anche le nuove generazioni. Non credo che riuscirò mai del tutto a staccarmi dal loro utilizzo, perché tra guidare ed essere guidata preferisco sempre la prima opzione. Ma quando sarà il momento di abbandonare anche Carlotta non credo che ne comprerò un’altra. Oggi esistono forme di affitti molto convenienti e anche l’idea di possesso è ormai cambiata.
Ciò che conta oggi è poter usare le cose piuttosto che possederle e trovo che non sia poi così sbagliato specialmente se ci aiuta a prendere le distanze dall’attaccamento alle cose fine a se stesse. Oggi mi sento davvero di poter guidare la mia vita, con l’immaginazione tra le nuvole, la mente saggia e il corpo dove capita.
Ps. questo articolo è scritto senza ChatGPT o simili!

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