Non sei la somma dei like sui tuoi social!

nina_fumetto2Mi soffermo ad osservare il tuo sguardo e mi chiedo se sia possibile un punto di contatto. So che nella tua mente hai tante domande, per esempio quanto incide l’uso dei mezzi informatici sui tuoi processi cognitivi.

So che lo fai perché anche tu hai bisogno di spiegazioni e perché sai che i nuovi mezzi di comunicazione sono dei condizionatori del pensiero. Non nel senso che ci dicono cosa dobbiamo pensare ma nel senso che modificano in maniera radicale il nostro modo di pensare trasformandolo da analogico, strutturato, sequenziale e referenziale in generico vago globale olistico.

Senti che attraverso di essi si altera il modo di fare esperienza avvicinandoci, e questo è un bene, soprattutto quando senti il bisogno di sentirti parte di una comunità. Il problema è che questo modo di comunicare ci mette in contatto con una rappresentazione del mondo e non con il mondo. Una rappresentazione che, proprio per la sua natura, si discosta dall’esperienza reale. Un po’ come gli omini della caverna di Platone che facevano esperienza guardando le ombre riflesse del mondo senza mai fare esperienza diretta nel mondo.

E quindi, ti chiederai, che fare?

Non potendo prescindere da questo modo di comunicare, non resta che diventarne consapevoli. Vigili riguardo alle modificazioni che possono influenzare il nostro modo di pensare e di fare esperienza senza “ammalarci” di socialnetwork. Quindi usare lo strumento per quello che è. Uno strumento.

Il vero problema, come descrive bene il Prof. Galimberti nel suo libro “La parola ai giovani”, è che in quella vetrina virtuale si mette in “mostra” quanto vogliamo che gli altri vedano di noi, come se fossimo tutti una “merce” da valutare e consumare. In questo modo la nostra personalità si costruisce sull’approvazione di quanti mettono like sulla nostra pagina.

Il rischio che vedo io è quello di conformarvi a quanto piace o non piace al trend del momento. Perché ricordo benissimo quando anche io volevo piacere, soprattutto in quell’età dove il bisogno di appartenenza è più importante di essere come si è. Non è facile infatti, perché è come vivere nel costante paradosso tra il desiderio di essere accettati con le proprie unicità e la continua ricerca di approvazione che avviene per omologazione. Un vero casino!

Io mi auguro che tutte le voci irregolari che cantano fuori dal coro, possano creare una melodia così attraente da risvegliare le coscienze di quelli che per diversi motivi, non riescono a fare diversamente se non essere dormienti adeguandosi alle mode del momento.

Riferimento

U. Galimberti, La parola ai giovani, Feltrinelli 2018

Pubblicato da Dott.ssa Anna Perna

Formatrice ad approccio umanistico filosofico e Gestalt Counselor. Umanista convinta, mi occupo da oltre 15 anni di apprendimento continuo, di sviluppo della persona e delle comunità. Sono appassionata d'arte e di viaggi e per questo sempre in cammino.

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